La rescissione del contratto è disciplinata dagli artt. 1447-1452, c.c., e rappresenta un istituto diretto al riequilibrio del sinallagma contrattuale, per ovviare a una situazione di anomala alterazione della libertà negoziale di uno dei contraenti[1].
La rescissione può chiedersi per anomalie verificatesi al momento della conclusione dell’accordo, qualora il contratto venga sottoscritto:
a) quando uno dei contraenti o altra persona versa in “stato di pericolo”, circostanza conosciuta dalla controparte, che per tale motivo ottiene condizioni contrattuali inique. In tal caso il Giudice, a fronte della domanda di rescissione del contratto da parte della persona che si è obbligata, può, nel pronunciare la rescissione, assegnare un equo compenso all’altra parte per l’opera prestata (art. 1447, c.c.);
b) quando una delle parti si trova in “stato di bisogno”, di cui la controparte ha approfittato per trarne vantaggio, ed il contratto (non aleatorio né transattivo[2]) prevede una forte sproporzione tra le prestazioni, tale che l’eccedenza tra queste sia almeno pari alla metà. Lo stato di bisogno deve perdurare sino alla proposizione della domanda di rescissione (art. 1448 c.c.).
Il contratto concluso in “stato di pericolo” (art. 1447, c.c.).
Nel caso del contratto concluso in stato di pericolo, l’accordo è voluto dal contraente proprio perché strumento per uscire da tale situazione: quello che non è voluto è il contenuto del contratto, ovvero il “quomodo” della stipulazione[3].
Con “stato di pericolo” si intende una condizione analoga a quella prevista dall’art. 54, c.p., e dall’art. 2045, c.c., se si esclude che allo stato di necessità consegue la antigiuridicità del fatto, lo stato di pericolo si limita a condizionare la volontà contrattuale di una parte a vantaggio dell’altra.
Il pericolo deve essere attuale (essersi già verificato ed esistente al momento della stipulazione[4]), non potenziale, e deve riguardare una persona[5], non potendo rilevare qualora abbia ad oggetto una cosa[6]. Ancora, il pericolo deve essere grave e causa efficiente della contrattazione, ovvero (i) la parte in pericolo deve trovarsi di fronte alla alternativa di subire il danno o di stipulare il contratto a determinate condizioni (svantaggiose) e (ii) la controparte deve essere al corrente di tale situazione.
Non è necessario che il pericolo - cagionabile da un fatto naturale o da un atto umano - sia inevitabile, né che non dipenda da una (pregressa) azione del contraente che lo subisce[7], o che il comportamento di quest’ultimo presenti caratteri di proporzionalità con il pericolo a cui (lui o un terzo) è sottoposto.
Secondo una recente pronuncia della Corte di Appello di Bologna (Sez. lavoro, sentenza del 12/01/06[8]) lo stato di necessità (o lo stato di bisogno, ex art. 1448, c.c.) non consente di pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto contrattuale[9], ma può solo legittimare, qualora ricorrano tutte e condizioni necessarie, la rescissione del contratto medesimo.
Ancora, l’art. 1447, c.c. (e l’art. 1448, c.c.), non è applicabile, neppure in via analogica, alle dimissioni, dovendo queste ritenersi un atto unilaterale del lavoratore non implicante alcuna prestazione in favore del datore di lavoro[10].
Il contratto concluso in “stato di bisogno” (rescissione per lesione - art. 1448, c.c.).
L’azione di rescissione ex art. 1448 c.c., richiede la simultanea ricorrenza di tre requisiti, ovvero (i) l’esistenza di uno stato di bisogno, che costituisca il motivo della accettazione della sproporzione fra le prestazioni da parte del contraente danneggiato, (ii) l’avere la controparte avvantaggiato tratto profitto dall’altrui stato di bisogno del quale era consapevole, (iii) l’eccedenza di oltre la metà della prestazione rispetto alla controprestazione[11]. In questa seconda ipotesi di rescindibilità del contratto si evidenzia dunque una maggiore rilevanza del profilo oggettivo dell’equilibrio delle prestazioni (prezzo inferiore alla metà del valore)[12].
I tre presupposti devono essere contemporaneamente presenti alla conclusione del contratto[13]: tra essi non intercorre un rapporto di subordinazione o priorità, per cui, riscontrata la mancanza di uno di essi, l’azione è inammissibile[14]. Tuttavia, l’accertamento della sproporzione fra le reciproche prestazioni può rivestire carattere preliminare alla valutazione dell’esistenza sia dello stato di bisogno che dell’approfittamento, considerando che è proprio dalla constatata sproporzione che si possono trarre elementi presuntivi in ordine alla sussistenza degli altri due elementi[15].
Lo “stato di bisogno”. Per quanto attiene al primo dei requisiti di cui supra, esso si distingue dallo stato di pericolo in termini di natura degli interessi: nel caso dello stato di bisogno sono di carattere patrimoniale, lo stato di pericolo presuppone la lesione di interessi di carattere personale.
Lo stato di bisogno non coincide necessariamente con l’indigenza o con una pressante esigenza di denaro, essendo sufficiente una deficienza di mezzi pecuniari, anche contingente, una semplice difficoltà economica, una carenza di liquidità di carattere transitorio, anche causata dallo stesso contraente.
La difficile situazione economica – purché, come detto, in rapporto di causalità con l’atto vantaggioso per l’altro contraente - può anche essere familiare[16], o ricollegarsi alla mancanza di un bene che non sia denaro, quando tale mancanza comporti anche un danno di carattere patrimoniale: in sostanza lo stato di bisogno va rapportato al bene (necessità di denaro liquido o altra cosa oggetto della controprestazione) che il soggetto ha mirato a conseguire con il contratto[17].
Ciò che rileva è che tale contingenza economica sfortunata, oltre che essere oggettiva, abbia costituito il concreto impulso alla conclusione del contratto svantaggioso, e si rifletta non solo sulla situazione psicologica del contraente, inducendolo ad una meno avveduta cautela derivante da una minorata libertà di contrattazione, ma anche sul suo patrimonio, sì da determinare, in rapporto di causa ed effetto, una situazione di lesione ingiusta. In mancanza del rapporto di causa effetto tra lo stato di bisogno e la determinazione a contrarre, la situazione di difficoltà sarà considerabile solo come una semplice possibilità di libera scelta dei mezzi rispetto ai fini, alla mera esigenza della realizzazione più conveniente del fine perseguito presente in ogni negozio[18].
Lo stato di bisogno deve dunque costituire il motivo dell’accettazione della sproporzione fra le prestazioni da parte del contraente danneggiato, e deve creare un nesso di strumentalità tale da incidere sulla libera determinazione del contraente: la stessa contrattazione deve presentarsi come necessaria. E’ infatti essenziale che il soggetto che accetta una controprestazione a suo svantaggio non si trovi in una situazione di ordinaria libertà contrattuale, ma di cogente bisogno del bene da conseguire[19].
Il contraente in stato di bisogno può essere anche una persona giuridica: l’art. 1448, c.c. prescinde dalla qualità e dalla natura del soggetto del cui stato l’altra parte abbia approfittato[20]. Anche una eredità giacente può essere il contraente “debole”, in caso di assenza di liquidità patrimoniale: in quest’ultimo caso lo stato di bisogno va valutato in funzione del patrimonio ereditario[21].
Nel caso di patrimoni amministrati da un soggetto diverso dal loro titolare, sussisterà lo stato di bisogno a fronte di una obiettiva difficoltà economica del patrimonio per la mancanza, anche temporanea, di liquido, che ha condotto l’amministratore a vendere a condizioni svantaggiose per procedere al pagamento dei debiti gravanti sul patrimonio ed evitare imminenti azioni esecutive da parte dei creditori[22].
L’approfittamento consapevole della controparte. Altro elemento essenziale ai fini della ammissibilità dell’azione di rescissione del contratto per lesione è che la controparte, consapevole dell’altrui stato di bisogno, ne abbia tratto profitto.
Sul punto, la giurisprudenza ha avuto occasione di precisare che può ritenersi accertato l’elemento dell’approfittamento anche in mancanza di una specifica attività posta in essere dal contraente avvantaggiato allo scopo di promuovere o sollecitare la conclusione del contratto[23], o di una situazione tale da indurre a ritenere che la conoscenza dello stato di bisogno della controparte abbia costituito lo stimolo psicologico a contrattare: l’elemento soggettivo che caratterizza la rescissione per lesione è infatti costituito dal consapevole proposito di avvantaggiarsi dello stato di bisogno altrui[24].
Secondo Cass. Civ., 24/02/79, n. 1227[25], è irrilevante il fatto che il contraente leso sia consapevole della negatività dell’affare concluso, o che l’offerta provenga dal contraente leso senza che l’altra parte abbia svolto alcuna attività intesa a sollecitarne la stipula, essendo sufficiente che egli abbia profittato della situazione, a lui nota, della limitata libertà contrattuale dell’altra parte, consentendo alla stipulazione di un contratto a prestazioni inique (misura eccedente la metà del valore) con suo consapevole vantaggio.
Per il Tribunale di Milano (sentenza del 12/02/96[26]) può ipotizzarsi l’approfittamento anche nel caso in cui sussista un unico offerente, ma non nel caso in cui più soggetti siano in grado di fornire la medesima prestazione a costi concorrenziali.
L’eccedenza della prestazione. L’art. 1448, c.c., richiede che la lesione subita con la stipulazione del contratto sia ultra dimidium: è fatto salvo il caso della rescissione della divisione ereditaria (art. 763, c.c.), che può essere rescissa quando uno dei coeredi sia leso per una misura eccedente il quarto dei propri diritti.
Per la valutazione quantitativa dello squilibrio tra le prestazioni, al fine di valutare se essa sia pari (almeno) alla metà del valore di una di esse, si deve fare riferimento a criteri oggettivi di mercato, con riferimento al valore delle prestazioni al momento della conclusione del contratto, avuto riguardo non solo alla prestazione principale ma anche a quelle accessorie ed alle modalità di adempimento, tenendo conto anche del risultato conseguito dalla controparte (es.: l’acquisto di azioni che permettono di controllare una società).
L’inammissibilità della rescissione per lesione dei contratti aleatori. L’art. 1448, comma IV, c.c., dispone che non possono essere rescissi per lesione i contratti aleatori, ovvero quando l’alea, per specifica pattuizione delle parti o per la natura stessa del negozio, lo caratterizza nella sua interezza e fin dalla sua formazione, così da rendere radicalmente incerto, per una o per tutte le parti, il vantaggio economico in relazione al rischio cui le stesse si espongono[27]. Non necessita, perciò, per poter qualificare tale un contratto, l’elemento della cosiddetta “bilateralità” dell’alea, potendosi considerare aleatorio anche un accordo nel quale l’alea sia a carico esclusivo di una sola delle parti, mentre l’altra ha la possibilità di trarre dal contratto soltanto vantaggi[28].
Sulla base di tale interpretazione, è stato ritenuto che la vendita del diritto di usufrutto non sia un contratto aleatorio, bensì commutativo, in quanto il valore del diritto oggetto dello stesso è determinato in modo obiettivo sulla base di coefficienti rapportati alla vita dell’usufruttuario e secondo un meccanismo di calcolo stabilito dalla legge[29].
Secondo Cass. Civ., Sez. I, 31/05/86, n. 3694[30], deve considerarsi aleatorio il contratto in base al quale sia dovuta una prestazione periodica a carico di una parte ed a favore dell’altra sino alla morte di quest’ultima e dei suoi eredi, dal momento che la morte dei beneficiari prima della scadenza del termine comporta pur sempre l’estinzione della prestazione dell’obbligato.
Anche il contratto di mantenimento è contraddistinto dall’aleatorietà, per la non prevedibile sproporzione tra il valore delle contrapposte prestazioni, che pone entrambi i contraenti in una situazione di incertezza economica, in quanto il vantaggio e la relativa perdita economica rimangono collegati all’imprevedibile durata della sopravvivenza del vitaliziato[31].
Non è aleatorio un contratto di cessione di partecipazioni sociali in cui ciascuna delle parti, all’atto del perfezionamento del contratto, ha avuto la possibilità di valutare il proprio rispettivo sacrificio e vantaggio, ed il bene alienato è rappresentativo di un diritto commisurato all’obiettiva consistenza di un patrimonio suscettibile di verifica e di stima[32].
Il termine di prescrizione dell’azione di rescissione (art. 1449, c.c.).
L’azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto[33]: la rescindibilità non può essere opposta in via di eccezione quando è prescritta. Il termine annuale di prescrizione deve essere coordinato con la regola generale – ex art. 2935, c.c. - che fa decorrere ogni termine di prescrizione solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, e non è pertanto applicabile ai contratti sottoposti a condizione sospensiva, per i quali il termine decorrerà solo dalla verificazione dell’evento da cui dipendono gli effetti del contratto e, per la rescissione del contratto concluso in stato di pericolo, dalla concreta operatività delle condizioni inique che, con l’azione di rescissione, si vogliono rimuovere[34].
E’ discusso se il termine di prescrizione stabilito dall’art. 1449 c. c., in caso di contratto preliminare, decorra dalla stipula del contratto definitivo[35] o da quella del precedente contratto preliminare[36]. La rescissione del contratto preliminare che non sia stata fatta valere nel termine di un anno dalla sua conclusione può comunque essere chiesta nel giudizio promosso dalla controparte per l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo: il pregiudizio derivante dallo squilibrio delle prestazioni, che è allo stato potenziale nel contratto preliminare, diviene infatti attuale quando viene chiesto che sia concluso alle stesse condizioni il contratto definitivo[37].
Il termine di prescrizione dell’azione di rescissione è quello di cui all’art. 2947, u.c., c.c. se il comportamento della controparte integra gli estremi del reato. In tale caso, qualora venga proposta l’azione di rescissione in sede civile successivamente al decorrere di un anno dalla stipula del contratto, il giudizio verrà sospeso in attesa che venga concluso, il procedimento penale. Se il reato verrà dichiarato estinto senza l’accertamento della responsabilità dell’imputato (es.: per amnistia), sarà facoltà del giudice civile stabilire in via incidentale, per la fissazione del termine di prescrizione da applicare, se il comportamento dell’altra parte possa qualificarsi come reato.
Dal necessario coordinamento tra l’art. 1449 e l’art. 2947, c.c., si evince che, a fronte della sussistenza di un reato a fondamento della domanda di rescissione, ed intervenuta l’estinzione del reato per causa diversa dalla prescrizione o la definizione del processo penale con sentenza irrevocabile, l’azione di rescissione torna ad essere assoggettata alla normale prescrizione di un anno, con decorrenza, però, rispettivamente, dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza del giudice penale è divenuta irrevocabile[38].
L’offerta di modificazione del contratto (art. 1450, c.c.).
Qualora la parte che ha stipulato il contratto in stato di pericolo o di bisogno chieda la rescissione del contratto, l’altro contraente può evitarla offrendo una modificazione - non necessariamente pecuniaria - del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità. L’offerta di modifica del contratto è un atto unilaterale recettizio, per gli effetti del quale non rileva la volontà del contraente che ha subito il danno: essa costituisce una dichiarazione di volontà negoziale che può essere formulata anche con domanda giudiziale[39].
La concreta valutazione sull’equità dell’offerta deve riferirsi al momento in cui essa viene fatta[40], con le ovvie conseguenze in termini di interessi legali, decorrenti dalla conclusione del contratto, e tenendo conto della svalutazione monetaria[41].
L’offerta di “reductio ad aequitatem” deve essere puntuale, ma non richiede l’esatta indicazione delle clausole e dei limiti entro cui debbano essere modificate, potendo rimettersi al giudice la concreta individuazione delle modifiche: è tuttavia necessario, al fine di impedire la pronuncia di rescissione, che l’offerta presenti un minimo di specificazione, onde consentire al giudice di valutarne l’adeguatezza[42].
E’ da ricordare che il giudice, dopo aver accertato che sussisterebbero i presupposti per la rescissione del contratto, può solo accertare se l’offerta sia idonea a ricondurre ad equità il contratto[43]: in caso negativo egli non potrà intervenire modificandola, salvo che l’offerente chieda espressamente[44] che egli rivesta anche il ruolo di arbitratore.
Gli effetti della rescissione rispetto ai terzi (art. 1452, c.c.).
A differenza di quanto previsto in tema di annullamento, che per espressa indicazione dell’art. 1445, c.c., fa salvi i diritti dei terzi solo se acquistati a titolo oneroso ed in buona fede, se il contratto è rescisso i diritti dei terzi sono sempre tutelati, pur se ottenuti a mezzo di un atto a titolo gratuito ed in mala fede. L’unico limite, comune all’annullamento, è in caso di diritti sui beni immobili e mobili registrati, che dipende dalla priorità della trascrizione dell’acquisto rispetto alla domanda di rescissione.
L’azione di rescissione.
Il contratto rescindibile produce effetti provvisori ma essi si consolidano solo a seguito della prescrizione dell’azione, essendo inammissibile un atto di convalida[45]. Consegue dalla inammissibilità della convalida del contratto rescindibile la irrinunciabilità della corrispondente azione di rescissione.
Il recesso del contraente non inadempiente produce l’estinzione del contratto, come la risoluzione per inadempimento[46]. La sentenza che pronuncia la rescissione ha carattere costitutivo ed elimina gli effetti ex tunc, costringendo le parti a procedere alle necessarie restituzioni.
Con riferimento ai rapporti tra l’azione di annullamento del contratto per violenza (art. 1434 c.c.) e quella di rescissione per lesione, la giurisprudenza ha precisato che, stante la loro differenza di petitum che di causa petendi, se viene proposta la domanda di rescissione per lesione, la proposizione della domanda di annullamento per violenza è inammissibile in appello per il suo carattere di novità (art. 345 c.p.c.), atteso che il profilo della violenza non può ritenersi compreso nel tema di indagine introdotto dall’azione di rescissione, avente ad oggetto l’approfittamento dello stato di bisogno in cui versi il contraente più debole, per ciò indotto a concludere un negozio lesivo dei propri interessi[47].
Ugualmente, non costituisce una mera modifica della domanda di rescissione per lesione la richiesta nel corso di un giudizio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Le due azioni, infatti, differiscono sia nel petitum che nella causa petendi, facendosi valere, con la prima, la rilevanza attribuita dall’ordinamento a una ingente sproporzione tra le prestazioni corrispettive di un contratto a causa uno stato di bisogno di una parte di cui l’altra abbia consapevolmente approfittato e, con la seconda, l’interesse di contemperare gli interessi delle parti di un contratto a esecuzione continuata, periodica o differita in caso di un sopravvenuto eccessivo squilibrio tra le reciproche prestazioni[48].
Secondo Cass. Civ., Sez. III, 23/11/00, n. 15139[49], l’avvenuta notifica del preliminare al proprietario confinante avente diritto alla prelazione, effettuata dal promittente venditore convenuto in giudizio per l’esecuzione coattiva del preliminare, non implica rinuncia alla rescissione del contratto fatta valere, in riconvenzionale, nei confronti dell’originario promissario acquirente.
Bibliografia:
[1] Tribunale di Bologna, Sez. II, 18/05/04, in Guida al Diritto, 2004, 41, 50.
Discende dalla natura della rescissione, e dal necessario squilibrio del sinallagma contrattuale, che l’istituto non si applica né ai negozi unilaterali, né ai c.d. contratti unilaterali, ex art. 1333, c.c..
[2] Ex art. 1970, c.c..
[3] Cfr. Gazzoni, Manuale di diritto privato, ESI 2004, pag. 980.
[4] Cfr. Cass. Civ., 04/08/60, n. 2293, in Mass. Giur. It., 1960.
[5] Con persona si intende senz’altro l’incolumità fisica, ma non solo: si pensi al diritto all’onore, alla riservatezza, al pudore, parimenti tutelati dall’art. 1447, c.c..
[6] Cfr. Cass. Civ., 14/07/54, n. 2471, in Mass. Giur. It., 1954.
[7] Cfr. Cass. Civ., 04/08/60, n. 2293, op. cit..
[8] In www.giuraemilia.it, 2006.
[9] Nella specie: rapporto di lavoro di prestazioni coordinate e continuative, concluso fra le parti.
[10] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 05/09/91, n. 9374, in Mass. Giur. It., 1991; Cass. Civ., Sez. Lavoro, 20/11/90, n. 11179, in Notiz. Giur. Lav., 1991.
[11] Cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. II, 19/01/05, n. 1065, in Guida al Diritto, 2005, 8, 62; conferma, Cass. Civ., Sez. III, 19/08/03, n. 12116, in Gius, 2004, 3, 328; Cass. Civ., Sez. II, 01/03/95, n. 2347, in Mass. Giur. It., 1995; Cass. Civ., Sez. II, 05/09/91, n. 9374, op. cit.; Cass. Civ., 09/12/82, n. 6723, in Mass. Giur. It., 1982; Corte di Appello di Napoli, Sez. III, 18/11/05, in CED Cassazione, 2005; Corte di Appello di Cagliari, 17/05/86, in Riv. Giur. Sarda, 1988, 361.
[12] Cass. Civ., Sez. I, 28/06/94, n. 6204, in Mass. Giur. It., 1994.
[13] Cass. Civ., Sez. II, 29/01/90, n. 531, in Giur. It., 1990, I,1, 1106.
[14] Cass. Civ., Sez. II, 19/01/05, n. 1065, op. cit.; conferma, Cass. Civ., Sez. II, 23/09/04, n. 19136, in Contratti, 2005, 6, 543 con nota di Di Clemente; Cass. Civ., Sez. III, 19/08/03, n. 12116, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 01/03/95, n. 2347, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 05/09/91, n. 9374, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 29/01/90, n. 531, op. cit.; Cass. Civ., 09/12/82, n. 6723, op. cit..
[15] Cass. Civ., Sez. II, 30/03/89, n. 1553, in Arch. Civ., 1989, 970.
[16] Corte di Appello di Roma, 15/07/97, in Nuova Giur. Civ., 1998, I, 332 con nota di Colaiacomo.
[17] Tribunale di Bologna, Sez. II, 18/05/04, op. cit..
[18] Cass. Civ., Sez. II, 23/09/04, n. 19136, op. cit.; Cass. Civ., Sez. III, 08/06/04, n. 10815, in Ius Ecclesiae, 2004, 3721; Cass. Civ., Sez. II, 28/05/03, n. 8519, in Arch. Civ., 2004, 513; Cass. Civ., Sez. II, 22/05/90, n. 4630, in Arch. Civ., 1990; Corte di Appello di Napoli, Sez. III, 18/11/05, op. cit.; Tribunale di Bologna, Sez. II, 18/05/04, op. cit..
Cass. Civ., Sez. II, 29/01/90, n. 531, op. cit., ha precisato che non è possibile desumere automaticamente detto requisito dalla situazione di difficoltà economica propria di chi stipula un contratto di cessione di beni ai creditori.
[19] Tribunale di Bologna, Sez. II, 18/05/04, op. cit..
[20] Cass. Civ., Sez. II, 23/09/04, n. 19136, op. cit.; Tribunale di Napoli, 27/03/68, in Giur. It., I, 2, 256.
[21] Cass. Civ., Sez. II, 26/03/86, n. 2166, in Giur. It., 1986, I, 1, 1640, con nota di Eroli.
[22] Cass. Civ., Sez. II, 26/03/86, n. 2166, op. cit..
[23] Ad esempio, il contegno passivo di chi si limita a mantenere ferma un’offerta lesiva.
[24] Cass. Civ., Sez. II, 23/09/04, n. 19136, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 22/12/03, n. 19625, in Contratti, 2004, 10, 903; Cass. Civ., Sez. II, 28/05/03, n. 8519, op. cit.; Cass. Civ., Sez. I, 28/06/94, n. 6204, op. cit.; Corte di Appello di Napoli, Sez. III, 18/11/05, op. cit.; Tribunale di Bologna, Sez. II, 18/05/04, op. cit.; Corte di Appello di Cagliari, 17/05/1986, op. cit..
[25] in Mass. Giur. It., 1979, 2.
[26] in Gius, 1996, 1842.
[27] Cass. Civ., Sez. I, 31/05/86, n. 3694, in Mass. Giur. It., 1986; Cass. Civ., 09/04/80, n. 2286, in Mass. Giur. It., 1980; Tribunale di Milano, 27/02/92, in Giur. It., 1992, I,2, 601, con nota di Cagnasso.
La rescissione è esclusa quando il soggetto in stato di bisogno subisce la lesione assumendo su di sé l’alea, non quando la sproporzione non è conseguenza dell’alea.
[28] Cass. Civ., 09/04/80, n. 2286, op. cit..
[29] Cass. Civ., Sez. II, 30/08/04, n. 17399, in Giur. It., 2005, 1394.
[30] Op. cit..
[31] Cass. Civ., Sez. II, 09/01/99, n. 117 in Giur. It., 1999, 1360, con nota di Bergamo.
Qualora tale sproporzione non derivi dall’alea ma sia evidente sin dal momento della conclusione del contratto, il negozio non è rescindibile per lesione, ma è nullo per difetto di causa.
[32] Tribunale di Milano, 27/02/92, op. cit..
[33] Secondo Cass. Civ., 05/12/60, n. 3180 (in Giust. Civ. 1961, I, 230), in caso di vendita il termine di prescrizione decorre dalla determinazione del prezzo, se successiva alla stipula del contratto.
[34] Cass. Civ., Sez. II, 30/05/95, n. 6050, in Mass. Giur. It., 1995; Cass. Civ., Sez. II, 13/03/92, n. 3055, in Vita Notar., 1992.
[35] In tal senso, Corte di Appello di Cagliari, 17/05/86, op. cit..
[36] Così Cass. Civ., 23/04/77, n. 1526, in Mass. Giur. It., 1977.
[37] Cass. Civ., Sez. III, 23/11/00, n. 15139, in Vita Notar., 2001, 253; Cass. Civ., Sez. II, 06/11/90, n. 10666, in Mass. Giur. It., 1990; Cass. Civ., 05/11/80, n. 5938, in Giust. Civ., 1981, I, 1426; Cass. Civ., 23/04/77, n. 1526, op cit..
Per Cass. Civ., 10/01/81, n. 246 (in Foro It., 1981, I, 1640 con nota di Lotti) la istanza di rescissione per lesione di contratto preliminare di vendita, proposta per impedire la pronuncia di sentenza produttiva degli effetti del contratto definitivo non concluso costituisce eccezione riconvenzionale, e non domanda riconvenzionale, ed è pertanto ammissibile anche se dedotta dopo la prima udienza.
[38] Cass. Civ., 16/06/69, n. 2150, in Mass. Giur. It., 1969.
[39] Cass. Civ., Sez. II, 06/12/88, n. 6630, in Mass. Giur. It., 1988.
[40] Cass. Civ., Sez. II, 18/07/89, n. 3347, in Giust. Civ., 1989, I, 2564
[41] Cass. Civ., 08/02/83, n. 1046, in Mass. Giur. It., 1983.
[42] Cass. Civ., Sez. II, 23/04/94, n. 3891, in Mass. Giur. It., 1994.
[43] Cass. Civ., Sez.II, 11/01/92, n. 247, in Vita Notar., 1992, 548.
[44] Cass. Civ., Sez. II, 18/07/89, n. 3347, op. cit..
[45] Per espressa previsione dell’art. 1451, c.c., il contratto rescindibile non è convalidabile.
[46] Cass. Civ., Sez. III, 11/10/05, n. 19757, in Obbl. e Contr., 2006, 11, 913, con nota di Tedioli.
[47] Cass. Civ., Sez. II, 29/07/94, n. 7145, in Mass. Giur. It., 1994.
[48] Cass. Civ., Sez. II, 19/01/05, n. 1065, op. cit.; Cass. Civ., Sez. II, 29/05/99, n. 5228, in Giust. Civ., 2000, I, 2369.
[49] Op. cit.