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Usare il nickname ed i dati identificativi di un’altra persona in rete configura il reato di sostituzione di persona previsto dall’art. 494 c.p. (Cass. n. 18826 del 29.04.2013) |
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 494 c.p. (delitto di sostituzione di persona) l'imputata che aveva utilizzato e diffuso tramite una chat erotica il numero di cellulare associato al nickname della sua ex datrice di lavoro.
La Corte ha precisato che la norma di cui all'art. 494 non è stata oggetto di una interpretazione estensiva ma di una interpretazione coerente finalizzata a non lasciare prive di tutela le situazioni giuridiche che la legge ha comqunque l'obbligo di salvaguardare.
Gli ermellini hanno chiarito che anche se "l’imputata non ha creato un account attribuendosi falsamente le generalità di un altro soggetto" è configurabile sempre il reato contestato in quanto il dettato normativo tende alla protezione dell’identità dei terzi.
Secondo i supremi Giudici il “nickname”, quando, come nel caso oggetto del procedimento, non si pongano dubbi sulla sua riconducibilità ad una persona fisica, assume la stesso valore dello pseudonimo (in presenza di determinati presupposti, assimilato al nome agli effetti della tutela civilistica del diritto alla identità ai sensi dell’art. 9, c.c.) ovvero di un nome di fantasia, la cui attribuzione, a sé o ad altri, integra pacificamente il delitto di cui all’art. 494, c.p..
link alla sentenza Cass. n. 18826 del 29.04.2013
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Autore: Redazione |
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