Già in altra sede (cfr. “Quella firma che non firma (brevi considerazioni sulla firma elettronica ai tempi del Codice dell’Amministrazione Digitale)”, in RDEGNT – Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie:, numero 4, Luglio/Agosto 2005, p. 595 e ss.) ho avuto modo di esprimere le mie perplessità sulla normativa che il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale (D.lgs 82/2005) ha dettato in materia di firma elettronica “semplice”: “una firma che non firma”, come da me ribattezzata, in ragione del fatto che essa, se pur validamente apposta su un documento informatico, non consente comunque che lo stesso soddisfi il requisito legale della forma scritta.
Si legge, infatti, all’articolo 20, comma 2, del D.lgs 82/2005: “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il requisito legale della forma scritta…”: dunque, a contrario, un documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice non soddisfa tale requisito. Ma allora che valore ha? Una prima risposta la si trova nel successivo art. 21, comma 1: “Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza.”. La questione però si complica se si legge con attenzione l’art. 23, comma 1: “All’articolo 2712[1] del codice civile dopo le parole: “riproduzioni fotografiche” è inserita la seguente: “, informatiche”.
Giova ricordare che nel T.U. 445/2000 al documento informatico privo di qualsivoglia sottoscrizione elettronica veniva riconosciuta proprio l’efficacia probatoria prevista dall’art.2712 del codice civile, riguardo ai fatti ed alle cose in esso rappresentate.
Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica, invece, soddisfaceva il requisito legale della forma scritta mentre sul piano probatorio era liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza: dunque una sorta di edizione minore della scrittura privata di cui all’art. 2702 c.c., con cui il legislatore da un lato prendeva atto delle nuove potenzialità offerte dall’informatica nell’attività di sottoscrizione, dall’altro ne ancorava l’efficacia probatoria ad una valutazione del giudice circa le condizioni “ambientali” di formazione della stessa.
Nel Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale sparisce ogni riferimento all’efficacia probatoria del documento informatico non sottoscritto, salvo volerla recuperare per l’appunto nel succitato art 23, che modifica l’art. 2712 c.c. “le riproduzioni informatiche formano piena prova dei fatti e delle cose...” etc.
Accedendo a questa interpretazione tuttavia si giunge ad un paradosso: un documento sottoscritto (il documento informatico dotato di firma elettronica) avrebbe un’efficacia probatoria inferiore rispetto ad uno non sottoscritto (il documento informatico privo di sottoscrizione). E’ mai possibile? Eppure sembrerebbe di si! Se io produco in giudizio un documento munito di firma elettronica semplice (fermo restando il fatto che esso non soddisfa il requisito legale della forma scritta) il giudice è chiamato a valutarlo liberamente, in considerazione delle sue caratteristiche oggettive di qualità e di sicurezza. Attraverso un’interpretazione sistematica dell’art. 21, commi 1 e 2, si comprende che tale valutazione non può comunque portare ad attribuire al documento in esame l’efficacia probatoria prevista dall’art 2702 c.c. che invece è riservata al solo documento informatico munito di firma digitale o di altra firma elettronica qualificata.
Se invece produco un documento informatico sprovvisto di qualsiasi sottoscrizione esso potrà ben essere considerato come riproduzione informatica di fatti e di cose di cui all’art. 2712 e dunque fare piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime! Insomma meglio un file che un’email[2]!
Al di là di una simile provocazione[3] risulta comunque evidente che un problema interpretativo potrebbe insorgere: a tal proposito, non sembra esserci migliore conclusione per queste brevi considerazioni che quella di riportare quanto detto dal Consiglio di Stato, nel parere reso proprio sul Codice dell’Amministrazione Digitale, nell’adunanza del 7 febbraio 2005, con riferimento alla materia di cui trattasi: “la scrittura con firma elettronica (non qualificata) non sembrerebbe integrare la scrittura privata non autenticata di cui all'articolo 1350 c.c., anche se gli autori della scrittura non disconoscono la loro firma. Non si comprende come debba essere considerato l'atto con firma elettronica debole non disconosciuta a norma dell'articolo 215 c.p.c. La previsione della libera valutabilità in giudizio, di cui al primo comma dell'articolo 18, sembra contrastare con il principio desumibile dal codice di rito”.
Visita il sito dell'autore: www.computerlaw.it
Bibliografia:
[1] L’articolo 2712 c.c. prevede che “le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.”
[2] La battuta nasce dalla considerazione che numerosi tribunali delle repubblica hanno riconosciuto all’email la natura di documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice. Sul punto vedasi l’efficace contributo: “Quando l'e-mail è documento scritto producibile in giudizio - rassegna completa dei provvedimenti giudiziali e degli approfondimenti dottrinali intervenuti in materia, http://www.scint.it/news_new.php?id=652
[3] E’ chiaro che sussiste un certo grado di estremismo in siffatta ricostruzione: ex art.2712 la controparte ben potrebbe operare un disconoscimento di quanto rappresentato nel documento informatico, ergo l’onere della prova passerebbe a chi ha prodotto il documento.