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Siti e blog a rischio con la nuova legge sull'editoria

In data 12 Ottobre 2007 il Governo ha formalmente approvato un disegno di legge che, oltre a mettere seriamente a rischio la libertà di espressione di pensiero e di idee sul web, rischia di intrappolare ogni forma di pubblicazione all’interno di complicati meccanismi burocratici, appesantiti inoltre da registrazioni, iscrizioni e tasse.
La stesura del disegno di legge è in realtà datata 3 agosto 2007, ed è evaporata nel caldo dell’estate, sfuggendo alla maggior parte degli “addetti ai lavori”, in quel periodo probabilmente in coda sulle autostrade verso le ferie.
Ma veniamo al dunque. Secondo il disegno di legge, tutti i soggetti che esercitano l’attività editoriale sono tenuti all’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC). Sin qui nulla di male. Ma soffermandosi più attentamente sulla lettura della normativa proposta dal Governo, l’occhio cade sulla definizione di “prodotto editoriale”, oggetto della regolamentazione proposta. Il combinato disposto degli artt. 1 e 5 fornisce infatti una definizione di “prodotto editoriale” che include qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, a prescindere dalla forma nella quale esso sia realizzato ed il mezzo attraverso cui venga diffuso. E, per fugare ogni speranza, aggiunge, inoltre, che l’esercizio dell’attività editoriale possa essere svolto anche in forma non imprenditoriale e per finalità non lucrative. In pratica: l’esatta descrizione del blog. Il blog, infatti, ha finalità informative, divulgative, o di intrattenimento ed ovviamente non ha scopo di lucro.
Probabilmente, in seguito alla messa in crisi dell’intera classe politica provocata dall’effetto-beppegrillo.it, sembrerebbe questo il primo tentativo in occidente di imbrigliare l’informazione sul web, unico mezzo di comunicazione realmente democratico dove chiunque ha la possibilità di “manifestare liberamente il proprio pensiero” (art.21 della Costituzione Italiana).
L’avvio al processo di assurda equiparazione tra direttore di testata giornalistica e semplice blogger, è stato dato in realtà da una sentenza del tribunale di Aosta che, nel 2006, ha applicato ad un blogger le norme sui reati commessi a mezzo stampa, con una decisione completamente ignorante della realtà sociale e delle evoluzioni del mondo delle telecomunicazioni.
La registrazione al ROC prevede una procedura lunga e dispendiosa, di certo lontana dai canoni di immediatezza e semplicità che solo il mezzo-internet è riuscito a dare alla società. Chiunque, anche senza essere dotato della minima competenza tecnica può realizzare un blog, e fornire il proprio piccolo contributo all’informazione globale. La ratio dell’iscrizione al ROC ci viene fornita dall’art. 7 del disegno di legge, che espressamente stabilisce che la suddetta registrazione rileva anche “ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa”. Tradotto: è necessario individuare i responsabili per eventuali diffamazioni e tali soggetti verranno individuati nei titolari del prodotto editoriale così come registrato al ROC.
In realtà, in Internet, nessuno è anonimo. Tutti i navigatori sono facilmente identificabili (almeno in Italia,  che poi rappresenta l’ambito territoriale di applicazione della legge). Restano i soliti dubbi: se realizzo un blog su un server straniero viene considerato prodotto editoriale Italiano considerando il fatto che il requisito necessario  per qualificare i prodotti editoriali italiani è la distribuzione in Italia ed un blog è invece  accessibile da tutto il mondo (distribuito in tutto il mondo)?. Ed ancora: se un blog su server italiano fosse registrato da un cittadino straniero ed indirizzato solo all’informazione relativa alla società del proprio stato, sarebbe oggetto della presente normativa?
Probabilmente il concetto di informazione non ha più barriere, ed internet, lo diciamo ormai da anni, deve trovare una sua dimensione nel panorama legislativo, senza essere regolato come “appendice” di materie e fattispecie già esistenti (come, ad esempio, questa in esame che, nel preoccuparsi di regolare l’editoria in generale, non tiene conto delle esigenze e delle enormi diversità del mondo del web, complicando in tal modo la vita agli internauti).
Ciò che fa riflettere (o che fa ridere?), è la “dichiarazione di intenti” che l’art. 1 del presente disegno di legge fa espressamente, ponendo questa come finalità in nome della quale è stato scritto un simile atto. Vale la pena riportarne testualmente alcune parole. Comma 1: “La disciplina prevista dalla presente legge … ha per scopo la tutela e la promozione del principio del pluralismo dell’informazione affermato dall’articolo 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto ad essere informati”. Comma 2: “Tale disciplina mira all’arricchimento della produzione e della circolazione dei prodotti editoriali”. Viene da chiedere: sono su candid camera?

Visita il sito web dell'autore: www.studiopolimenicotroneo.it


Autore: Antonino Polimeni


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