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Adottabilita’ e vincolo affettivo |
Quando, per tristi casi della vita, lo Stato ingerisce nella vita di una famiglia, le conseguenze sono spesso drammatiche. E’ cronaca quotidiana quella di minori strappati dalle loro famiglie d’origine per la miopia della legge che costringe i Tribunali a adottare provvedimenti non condivisi. Certo, lo Stato deve garantire un “humus” idoneo al minore, ma a volte la cura può essere peggiore del male. In questa discussione è da segnalare una illuminata sentenza della Suprema Corte. La prima sezione civile ha emesso una recentissima sentenza numerata 4173/00, con la quale ribalta gli stereotipi degli ultimi anni. Sostenendo che l’interesse del minore è quello di vivere in un ambiente che ne favorisca lo sviluppo della personalità, il Tribunale per i Minorenni di Palermo dichiarava lo stato di adottabilità di un minore, sospendendo la patria potestà dei genitori, sul presupposto che il padre, per motivi lavorativi, era costretto ad assentarsi da casa. La Corte d’Appello riformava la sentenza e il Procuratore Generale ricorreva al Supremo Collegio. La legge dispone testualmente che sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma precedente, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in affidamento familiare. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice. Così recita l’art 8 della legge 4 maggio 1983 n. 184. La Corte di Cassazione ha affermato che l’esistenza di un legame affettivo impedisce l’adozione. Anche il padre assente può avere un legame con il figlio. Anche se un padre è spesso assente per motivi di lavoro e lascia il figlio ad una famiglia amica – in quanto non può contare sulla moglie – questo non significa che non vi sia un legame affettivo che lo unisce al bambino, con la conseguenza che quest’ultimo non può essere considerato in stato di abbandono e quindi adottabile. La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha così respinto il ricorso del Procuratore Generale della Corte di Appello di Palermo che contestava la revoca dell’adottabilità di un bambino il cui padre era spesso assente a causa del suo lavoro di camionista che gli imponeva continue trasferte. La Suprema Corte rileva invece che una perizia aveva accertato che tra padre e figlio esisteva comunque un legame affettivo, e pertanto il bambino non doveva essere dato in affidamento ad altri, come correttamente avevano stabilito i giudici di secondo grado, revocando lo stato di adottabilità del minore emesso in primo grado. Il principio assodato dal Supremo Consiglio è di grande importanza e di sensibilità giuridica non indifferente. Porre il legame affettivo quale cardine interpretativo rappresenta una scelta coraggiosa e senz’altro importante anche ai fini delle decisioni future.
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Autore: Avv. Marco Boretti |
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