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Titolarita’ del diritto di accesso nel procedimento amministrativo |
Accanto ai tradizionali principi regolatori dell’azione amministrativa (legalità, imparzialità e buona amministrazione) la dottrina e la giurisprudenza, nel corso degli ultimi due decenni, ne hanno individuato un altro, destinato ad attribuire ai cittadini un potere di esercitare un controllo democratico dell’agere amministrativo; parliamo del principio della trasparenza. Espressione concreta di tale principio è rappresentata (non solum sed etiam) dal diritto di accesso agli atti amministrativi, ossia il diritto degli interessati a prendere visione o ad estrarre copia dei documenti amministrativi e degli atti infraprocedimentali. La chiave di volta dell’intero sistema del diritto d’accesso è, come noto, rappresentata dalla legge 7 agosto 1990 n. 241. Occorre però precisare che il compimento legislativo della legge 241/90 rappresenta l’ultimo atto di un lungo percorso normativo. Già nel lontano 1981, il Comitato dei Ministri d’Europa raccomandavano agli Stati membri di legiferare in tema di accesso. La raccomandazione non è caduta nel vuoto, trovando estrinsecazione in alcune norme. Così la legge 349/86 sul Ministero dell’ambiente, sanciva il diritto del cittadino al diritto d’accesso. Il D.P.R. 250/88 conferiva a chiunque il diritto di chiedere copia dei pareri del Consiglio di Stato in sede di decisione del ricorso straordinario. La legge 142/90 confermava il diritto dei cittadini ad accedere agli atti degli enti pubblici locali. Con questi illustri precedenti, la legge di riforma del procedimento amministrativo ha voluto individuare una garanzia dell’imparziale svolgimento dell’azione amministrativa, riconoscendo al cittadino il diritto di accedere ai documenti ed agli atti amministrativi. Il legislatore ha voluto chiaramente perseguire la conoscibilità degli atti della Pubblica Amministrazione come strumento duttile per la verifica della correttezza dell'operato dei funzionari, al fine di evitare favoritismi e collusioni. Un primo problema che si presente dalla lettura dell’art 22 l. 241/90 è quello della titolarità del diritto d’accesso. Contrariamente a quanto previsto dalla legge 142/90, che riconosceva il diritto quisque de populo all’accesso, la legge in commento ha operato una selezione fra i soggetti. L’art. 22 citato conferisce il diritto di accedere ai documenti amministrativi esclusivamente ai soggetti che vi abbiano interesse specifico. La posizione giuridica qualificata del soggetto si concreta nella tutela di una situazione giuridicamente rilevante, portatore di una situazione differenziata, con conseguente esclusione dei titolari di meri interessi di fatto. Questa scelta ha immediatamente sollevato polemiche, tanto che alcune Regioni ( Marche, Sardegna) hanno riconosciuto il diritto di accesso a tutti i cittadini. In questo clima di ripensamento è da collocarsi il D.Lgs 39/97, che, in materia di tutela ambientale, ha voluto estendere a “chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dimostrare il proprio interesse” il diritto di accedere alla documentazione. Anche la giurisprudenza, specie di merito, ha optato per una soluzione ermeneutica estensiva del concetto di interesse giuridicamente rilevante, superando la rigida alternativa interesse legittimo – diritto soggettivo. In questa nicchia interpretativa si è riconosciuto il diritto all’accesso a tutte quelle posizioni utili cui l’ordinamento riconosce qualche forma di tutela, quali le aspettative (TAR Lazio sez. I 21.3.1997 n. 471). Per la cronaca, si era riconosciuta la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla Lega anti-vivisezione. Anche il Consiglio di Stato si è col tempo uniformato a questo trend interpretativo. Tenendo fermo il punto che la legge 241/90 non ha dato origine ad una vera azione popolare, l’actio ad exhibendum deve essere riconosciuta anche ai titolari di interessi diffusi e collettivo (C.d.S. sez. IV 16.12.1998 n. 1683; C.d.S. sez. IV 27.05.1998 n. 725; C.d.S. sez. V 05.05.1998 n. 752). La soluzione poggia su un’interpretazione sistematica dell’art. 9 della medesima legge, il quale garantisce il diritto di partecipazione alle associazioni e comitati portatori di interessi collettivi o diffusi. Inoltre, ribadisce il Supremo Giudice Amministrativo, per quanto attiene all’accesso, se la disciplina è preordinata ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa al fine di assicurare l’efficienza dell’amministrazione (art. 97 Cost. ) e la legalità dell’ordinamento nel suo complesso, non può non derivarne, pena vanificare le finalità proposte dal legislatore, che le associazioni, titolari di posizioni differenziate e di interesse concreto alla conoscenza, siano destinate ad assicurare la tutela dell’interesse diffuso prima che questo cali nello specifico dei rapporti intersoggettivi (C.d.S. Ad.plen. 04.02.1997 n.5) Questa rappresenta l’ultima frontiera dell’interpretazione giurisprudenziale. Questa frontiera è comunque in costante evoluzione.
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Autore: Avv. Marco Boretti |
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