Oggi, il rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione ha struttura negoziale nonché bilaterale, sicché le norme di riferimento concernenti i doveri del pubblico dipendente, la cui inosservanza è fonte di responsabilità, sono: gli artt. 2104- 2106 del codice civile, le previsioni della contrattazione collettiva, l’art. 53 del D.lg. n. 165/2001, nonché l’art. 11 del d.p.r. n.3/1957. Prima della contrattualizzazione dell’impiego pubblico, avvenuta definitivamente con il decreto legislativo n.165 del 2001, i doveri del pubblico dipendente erano tassativamente elencati nel Testo Unico degli impiegati civili dello Stato, contenuto nel d.p.r. n.3 del 1957. In ragione di tali doveri, sia di natura pubblicistica, sia derivanti dal codice civile, al quale le previsioni dei contratti collettivi fanno riferimento, gravano sui lavoratori pubblici una serie di responsabilità che ne caratterizzano lo status in maniera particolare rispetto ai tutti i lavoratori del settore privato, a motivo degli interessi che sono coinvolti nell’attività della pubblica amministrazione. Tali responsabilità , ontologicamente differenti, sono : la responsabilità civile, la responsabilità ammnistrativa – contabile, la responsabilità disciplinare, nonché quella penale. Tralasciando quest’ultima, che ha valenza esclusiva di responsabilità personale, ci limitiamo ad enucleare che quella civile si fonda essenzialmente sul principio del neminem laedere, riconducibile ai danni causati a terzi. Invece, la responsabilità amministrativa- contabile, cui è riservata la presente riflessione, attiene ai danni direttamente o indirettamente cagionati dal dipendente pubblico all’ente di appartenenza,, nell’espletamento delle proprie funzioni, e origina dalla violazione dolosa o gravemente colposa degli obblighi di servizio. In passato, il nucleo di questa responsabilità derivava dalla rendicondazione da parte dei pubblici agenti, ai quali veniva affidata la gestione dei beni appartenenti allo Stato. Ora la responsabilità in esame trae origine dalla esigenza di fronteggiare gli eventuali danni causati da coloro che agiscono per la pubblica amministrazione : non solo gli agenti contabili, ma quanti, incardinati nei settori statali e pubblici come soggetti politici o persone fisiche, sono , in ogni caso, posti in condizione di procurare nocumento al pubblico patrimonio. Sul piano soggettivo, pertanto, la responsabilità amministrativa interessa, impiegati, funzionari, dirigenti, concessionari di servizi pubblici, nonché membri del governo. Dal lato oggettivo, essa riguarda ogni danno all’erario, concernente qualsiasi pregiudizio arrecato al patrimonio e alle finanze pubbliche. Sul punto, dottrina maggioritaria e giurisprudenza consolidata escludono la responsabilità erariale per danni ai beni diffusi come l’ambiente. I dipendenti, invece, dato il rapporto di servizio, che li lega alla pubblica amministrazione, sono gravati delle responsabilità patrimoniali: civile, amministrativa; nonché quella disciplinare. In quanto, appunto, con la prestazione lavorativa essi assumono l’obbligo di prestare la propria attività a favore dell’amministrazione e, corrispettivamente il diritto alla remunerazione. E poiché il presupposto della responsabilità amministrativa è il rapporto interno di natura patrimoniale, concernente il rapporto di servizio, essa ha natura contrattuale (come sempre afferma la Corte dei conti: ex plurimis la sez. giur. Lazio del 14 .2. 2000 n. 236/E). E la relativa azione è del tutto autonoma rispetto a quella civile del danno, che ha carattere extracontrattuale. Ciò significa che, in pendenza di un giudizio civile avente il medesimo oggetto e promosso dall’amministrazione verso il proprio dipendente, non è preclusa l’azione di responsabilità amministrativa, promuovibile da parte della Procura regionale della Corte dei conti contro il medesimo pubblico impiegato. Come già ricordato, presupposti oggettivi per la responsabilità amministrativa a carico del dipendente pubblico sono: l’esistenza del rapporto contrattuale tra il medesimo e l’amministrazione danneggiata, nonché la violazione dei doveri concernenti tale rapporto. Presupposto subiettivo è invece la colpevolezza, ossia un comportamento generato da dolo o colpa grave. E poiché la responsabilità amministrativa ha natura contrattuale, per dolo deve intendersi, come più volte ha affermato il Giudice contabile ( ex multis Corte dei Conti n.236/E del 2000) il proposito cosciente di non adempiere l’obbligazione, a differenza del dolo penale che consiste nella diretta e cosciente intenzione di nuocere ovvero di agire ingiustamente a danno di altri. La colpa grave, invece, sussiste ove sia riscontrabile una trascuratezza sprezzante dei propri doveri, ostentata da un comportamento improntato alle massime negligenza e imprudenza, oppure ad una noncuranza degli interessi della amministrazione o grossolana superficialità nell’applicazione di diritti ( corte dei Conti del Lazio n. 114/1998). La responsabilità di che trattasi, sebbene di natura contrattuale, si trasmette agli eredi solo nel caso di illecito arricchimento del dante causa e conseguente indebito arricchimento degli stessi successori. Ciò accentua i profili sanzionatori della responsabilità amministrativo- contabile, in quanto “ non si può postulare un limite nel danno cagionato ai beni della pubblica amministrazione, ove esso incida sul pubblico erario ( Cass. civ. sez. Unita n. 612/ 1999).
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