1. Premessa
Con la direttiva 2000/31/CE dell'8 giugno 2000, il legislatore comunitario, com'è noto, ha inteso disciplinare "taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno" (1).
La direttiva sul commercio elettronico si pone dunque come obiettivo quello di contribuire al buon funzionamento del mercato comune garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione tra gli Stati membri (art. 1, par. 1).
Il provvedimento si trova in fase di recepimento in Italia. L'art. 31 della legge comunitaria 2001 (2) ha delegato infatti il Governo ad emanare un decreto legislativo di attuazione della direttiva, fissandone i principi e i criteri direttivi (3).
In data 5 agosto 2002, il Ministero delle Attività Produttive ha preannunciato "il completamento della procedura di recepimento della Direttiva 2000/31/CE" e ha presentato lo schema del relativo decreto di attuazione (4).
Ai fini del provvedimento in parola, per servizi della società dell'informazione devono intendersi tutti quei servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, su richiesta individuale del destinatario dei servizi (considerando 17) (5).
Prestatore è la persona fisica o giuridica che presta un servizio della società dell'informazione (art. 2, lett. b); destinatario del servizio è, secondo l'art. 2, lett. d), della direttiva, la persona fisica o giuridica che, a scopi professionali e non, utilizza un servizio della società dell'informazione, in particolare per ricercare o rendere accessibili delle informazioni.
I servizi della società dell'informazione abbracciano pertanto una vasta gamma di attività economiche svolte on-line (6).
Occorre d'altra parte tener presente il campo di applicazione del provvedimento, definito dall'art. 1, secondo cui la direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell'obiettivo di cui sopra, "talune norme nazionali sui servizi della società dell'informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri" (7).
La Sezione 2 del capo II della direttiva europea sul commercio elettronico disciplina in particolare la materia delle comunicazioni commerciali costituenti un servizio della società dell'informazione.
La presente trattazione avrà pertanto ad oggetto gli artt. 6 ("Informazioni da fornire"), (7) ("Comunicazione commerciale non sollecitata") e 8 ("Professioni regolamentate") del provvedimento.
2. Definizione di "comunicazioni commerciali" ai fini della direttiva sul commercio elettronico
Ai fini della direttiva sul commercio elettronico, per comunicazioni commerciali devono intendersi tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l'immagine di un'impresa, di un'organizzazione o di una persona che esercita un'attività commerciale, industriale, artigianale o una libera professione (art. 2, lett. f)).
La medesima disposizione specifica inoltre che non costituiscono di per sé comunicazioni commerciali:
- le indicazioni necessarie per accedere direttamente all'attività di tale impresa, organizzazione o persona, come un nome di dominio (domain name) o un indirizzo di posta elettronica;
- le comunicazioni relative a beni, servizi o all'immagine di tale impresa, organizzazione o persona elaborate in modo da essa indipendente, in particolare se a titolo gratuito.
Secondo il considerando 29, le comunicazioni commerciali sono essenziali per il finanziamento dei servizi della società dell'informazione e per lo sviluppo di un'ampia gamma di nuovi servizi gratuiti.
3. Le informazioni da fornire al destinatario del servizio
Fatti salvi gli altri obblighi di informazione previsti dal diritto comunitario, la direttiva stabilisce innanzitutto che gli Stati membri provvedano affinché le comunicazioni commerciali costituenti un servizio della società dell'informazione, o che di esso siano parti integranti, rispettino le seguenti condizioni minime (art. 6):
a) la comunicazione commerciale deve essere chiaramente identificabile come tale;
b) la persona fisica o giuridica per conto della quale viene effettuata la comunicazione commerciale deve essere chiaramente identificabile;
c) le offerte promozionali, come ribassi, premi od omaggi, qualora permesse dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore, devono essere chiaramente identificabili come tali e le condizioni per beneficiarne facilmente accessibili e presentate in modo chiaro ed inequivocabile;
d) i concorsi o giochi promozionali, qualora siano permessi dallo Stato membro in cui è stabilito il prestatore, devono essere chiaramente identificabili come tali e le condizioni di partecipazione devono essere facilmente accessibili e presentate in modo chiaro ed inequivocabile.
Nell'interesse dei consumatori e della correttezza delle operazioni, le comunicazioni commerciali, come gli sconti, le offerte e i giochi promozionali devono ottemperare dunque a numerosi obblighi di trasparenza (considerando 29).
L'applicazione di tali obblighi deve però fare salvo il disposto della direttiva 97/7/CE (8) - attuata in Italia con il D.L.vo 185/1999 e relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (9) - oltre che delle direttive vigenti relative alle comunicazioni commerciali.
La direttiva sul commercio elettronico va pertanto ad integrare gli obblighi di informazione già stabiliti dalla normativa comunitaria vigente, in particolare gli obblighi posti dalla citata direttiva 97/7/CE.
Tale ultimo provvedimento, così come le norme in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (10), costituisce infatti un'acquisizione essenziale per la tutela del consumatore in materia contrattuale e deve pertanto continuare ad applicarsi integralmente ai servizi della società dell'informazione (considerando 11) (11).
Occorre altresì osservare che, ai sensi dell'art. 5 della direttiva 2000/31/CE ("Informazioni generali da fornire"), qualunque prestatore di un servizio della società dell'informazione ha l'obbligo di rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle competenti autorità almeno le seguenti informazioni:
a) il nome del prestatore;
b) l'indirizzo geografico dove il prestatore è stabilito;
c) gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui, compreso l'indirizzo di posta elettronica;
d) qualora il prestatore sia iscritto in un registro del commercio o analogo pubblico registro, il registro presso il quale è iscritto ed il relativo numero di immatricolazione o mezzo equivalente di identificazione contemplato nel detto registro;
e) qualora un'attività sia soggetta ad autorizzazione, gli estremi della competente autorità di controllo;
f) per quanto riguarda le professioni regolamentate (12):
- l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il fornitore sia iscritto; - il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato; - un riferimento alle norme professionali vigenti nello Stato membro di stabilimento nonché le modalità di accesso alle medesime;
g) se il prestatore esercita un'attività soggetta ad IVA, il numero di identificazione di cui all'articolo 22, par. 1, della direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (Direttiva in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme).
Infine, e sempre fatti salvi gli altri obblighi di informazione posti dal diritto comunitario, gli Stati membri devono provvedere affinché, ogniqualvolta i servizi facciano riferimento a prezzi, questi siano indicati in modo chiaro ed inequivocabile, e sia segnalato in particolare se comprendano le imposte e i costi di consegna (art. 5, par. 2).
L'art. 31, comma 1, lett. a), della legge comunitaria 2001, nel delegare il Governo all'attuazione della direttiva in esame, prevede che l'emanando decreto legislativo definisca "le informazioni obbligatorie generali che devono essere fornite dal prestatore di un servizio ai destinatari del servizio stesso ed alle competenti autorità da designare ai sensi della normativa vigente nonché le modalità per renderle accessibili, in modo facile, diretto e permanente; in particolare, devono essere indicati in modo chiaro e inequivocabile i prezzi dei servizi, anche riguardo alle imposte e ai costi di consegna".
4. Le comunicazioni commerciali non sollecitate (spamming)
Com'è noto, per spamming si intende l'invio di comunicazioni elettroniche non richieste ad un lungo elenco di destinatari (13). Il contenuto dei messaggi elettronici in questione può essere vario. Essi hanno per lo più carattere pubblicitario, ma non solo: possono avere anche, ad esempio, finalità di propaganda politica o di proselitismo religioso. Lo spamming usa diversi canali: quello preferenziale è la posta elettronica, ma può impiegare anche qualsiasi altro mezzo che, via Internet, consenta di raggiungere un alto numero di destinatari (ad esempio newsgroup, chat, mailing list). I messaggi pubblicitari di posta elettronica inviati con la tecnica dello spamming sono definiti anche UCE, acronimo di Unsolicited Commercial e-mail (e-mail non richieste di carattere commerciale). La direttiva 2000/31/CE si occupa dell'invio di e-mail commerciali non richieste dal destinatario da parte di un prestatore di un servizio della società dell'informazione. L'invio per posta elettronica di comunicazioni commerciali non sollecitate può risultare infatti inopportuno sia per i consumatori che per i fornitori di servizi della società dell'informazione e perturbare il buon funzionamento delle reti interattive (considerando 30). L'art. 7 della direttiva europea sul commercio elettronico dispone pertanto che, oltre agli altri obblighi posti dal diritto comunitario, gli Stati membri che permettano comunicazioni commerciali non sollecitate per posta elettronica provvedano innanzitutto affinché tali comunicazioni, trasmesse da un prestatore stabilito nel proprio territorio, siano identificabili come tali, in modo chiaro ed inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le riceve (art. 7, par. 1).
L'identificabilità come tale della junk e-mail sin dal momento della sua ricezione consentirà infatti al destinatario (e ai provider) di approntare filtri che eliminino automaticamente la posta indesiderata, impedendo così agli spammer di inviare messaggi in grado di ingannare il destinatario sulla loro natura pubblicitaria.
L'art. 6 della direttiva, sopra analizzato, riguardante le comunicazioni commerciali in genere, come già sappiamo, prevede inoltre che la persona fisica o giuridica per conto della quale venga effettuata una qualunque comunicazione commerciale debba essere chiaramente identificabile.
L'invio per posta elettronica di comunicazioni commerciali non sollecitate non dovrebbe d'altra parte dar luogo a costi supplementari per il destinatario (considerando 30).
Gli Stati membri devono altresì adottare i provvedimenti necessari affinché i prestatori che inviano per posta elettronica comunicazioni commerciali non sollecitate consultino regolarmente e rispettino i registri negativi in cui possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tale genere di comunicazioni (opt out) (art. 7, par. 2).
A questo proposito, occorre però ricordare il parere recentemente espresso dal Garante per la protezione dei dati personali con riferimento al predisponendo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva in esame.
Detto schema prevede infatti l'istituzione presso gli uffici del Garante di un registro nazionale nel quale possano iscriversi i soggetti che non si oppongono a ricevere e-mail commerciali; registro che dovrebbe essere dunque consultato dalle società che operano in Internet prima di inviare comunicazioni promozionali.
L'istituzione di un siffatto registro, rileva il Garante, sarebbe innanzitutto fuori "delega". Infatti,
sia in base all'espressa disposizione della direttiva europea sul commercio elettronico, sia in base ai riferimenti contenuti nella legge delega [legge comunitaria 2001], il legislatore italiano non ha 'competenza' ad introdurre disposizioni che incidano sul trattamento dei dati personali nell'ambito della disciplina riguardante il commercio elettronico.
L'Italia, come altri Paesi, poi, ha da tempo introdotto la regola secondo cui le comunicazioni on-line commerciali o pubblicitarie richiedono il consenso preventivo del destinatario, piuttosto che la successiva opposizione ad ulteriori invii (opt out).
Tale sistema basato sul cosiddetto 'opt in', già in vigore in cinque Paesi europei, è stato prescelto quest'anno come regola comune a livello comunitario ed è ora 'obbligatorio' per i Paesi membri dell'Unione europea, a seguito della recente adozione della direttiva 2002/58/CE sulle comunicazioni elettroniche (14). L'art. 31, comma 1, lett. b), della legge comunitaria 2001, nel delegare il Governo all'attuazione della direttiva 2000/31/CE, prevede che l'emanando decreto legislativo definisca "gli obblighi di informazione sia per la comunicazione commerciale che per la comunicazione non sollecitata; quanto a quest'ultima, ai sensi della normativa sul trattamento dei dati personali, devono essere incoraggiati ed agevolati sistemi di filtraggio da parte delle imprese. In ogni caso, l'invio di comunicazioni non sollecitate per posta elettronica non deve dare luogo a costi supplementari di comunicazione per il destinatario". 4.1. Il consenso all'invio È fatta espressamente salva dalla direttiva sul commercio elettronico la disciplina contenuta nella direttiva 97/7/CE, attuata in Italia con il D.L.vo 185/1999, e nella direttiva 97/66/CE, attuata in Italia con il D.L.vo 171/1998, le cui norme rilevanti in materia di spamming continueranno dunque a trovare applicazione nei rispettivi ambiti (considerando 30).
A questo proposito, si ricorda che l'art. 10, comma 1, D.L.vo 171/1998 ("Chiamate indesiderate"), con riguardo alla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, stabilisce che "l'uso di un sistema automatizzato di chiamata senza intervento di un operatore o del telefax per scopi di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale interattiva, è consentito con il consenso espresso dell'abbonato".
Il secondo comma della disposizione citata prevede d'altra parte che le chiamate effettuate per le medesime finalità di cui sopra, ma con mezzi diversi da quelli ivi indicati, siano consentite ai sensi degli articoli 11 e 12 della legge sulla privacy (L. 675/1996).
L'art. 10 D.L.vo 171/1998 è però destinato ad essere presto (?) sostituito dalla normativa nazionale di recepimento della già menzionata direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (15), il cui art. 13 ("Comunicazioni indesiderate") prevede quanto segue:
1. L'uso di sistemi automatizzati di chiamata senza intervento di un operatore (dispositivi automatici di chiamata), del telefax o della posta elettronica a fini di commercializzazione diretta è consentito soltanto nei confronti degli abbonati che abbiano espresso preliminarmente il loro consenso.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, allorché una persona fisica o giuridica ottiene dai suoi clienti le coordinate elettroniche per la posta elettronica nel contesto della vendita di un prodotto o servizio ai sensi della direttiva 95/46/CE, la medesima persona fisica o giuridica può utilizzare tali coordinate elettroniche a scopi di commercializzazione diretta di propri analoghi prodotti o servizi, a condizione che ai clienti sia offerta in modo chiaro e distinto al momento della raccolta delle coordinate elettroniche e ad ogni messaggio la possibilità di opporsi, gratuitamente e in maniera agevole, all'uso di tali coordinate elettroniche qualora il cliente non abbia rifiutato inizialmente tale uso.
3. Gli Stati membri adottano le misure appropriate per garantire che, gratuitamente, le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta, in casi diversi da quelli di cui ai paragrafi 1 e 2, non siano permesse se manca il consenso degli abbonati interessati oppure se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate; la scelta tra queste due possibilità è effettuata dalla normativa nazionale.
4. In ogni caso, è vietata la prassi di inviare messaggi di posta elettronica a scopi di commercializzazione diretta camuffando o celando l'identità del mittente da parte del quale la comunicazione è effettuata, o senza fornire un indirizzo valido cui il destinatario possa inviare una richiesta di cessazione di tali comunicazioni.
5. Le disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 3 si applicano agli abbonati che siano persone fisiche. Gli Stati membri garantiscono inoltre, nel quadro del diritto comunitario e della normativa nazionale applicabile, un'adeguata tutela degli interessi legittimi degli abbonati che non siano persone fisiche relativamente alle comunicazioni indesiderate.
L'art. 10 del D.L.vo 185/1999 ("Limiti all'impiego di talune tecniche di comunicazione a distanza"), concernente i contratti a distanza conclusi dai consumatori (16), al primo comma stabilisce invece che "l'impiego da parte di un fornitore del telefono, della posta elettronica di sistemi automatizzati di chiamata senza l'intervento di un operatore o di fax, richiede il consenso preventivo del consumatore". L'art. 10, comma 2, D.L.vo 185/1999 prevede d'altra parte che tecniche di comunicazione a distanza diverse da quelle di cui sopra, qualora consentano una comunicazione individuale, possano essere impiegate dal fornitore se il consumatore non si dichiara esplicitamente contrario.
Occorre infine osservare che la direttiva sul commercio elettronico lascia altresì impregiudicata la disciplina in materia di protezione dei dati personali di cui alla direttiva 95/46/CE (considerando 14), attuata in Italia con la nota L. 675/1996, la quale contiene norme rilevanti anche in materia di spamming (17).
Continua
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Bibliografia: 1- Gazzetta Ufficiale CE L 178 del 17 luglio 2000 (successiva rettifica in GUCE L 285 del 23 ottobre 2002). Per un commento all'intero provvedimento, si veda G. Briganti, La direttiva sul commercio elettronico, in Iusreporter, www.iusreporter.it, www.iusreporter.it/Testi/doc-dircommel.htm. 2- Legge 1 marzo 2002, n. 39, Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001 (GU 72 del 26 marzo 2002, Suppl. Ordinario 54). 3- Si riporta il testo dell'art. 31 della legge comunitaria: "Art. 31 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno) 1. Il Governo è delegato ad emanare, entro il termine e con le modalità di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, un decreto legislativo per dare organica attuazione alla direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, nel rispetto dei princípi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, nonché dei seguenti princípi e criteri direttivi: a) definire le informazioni obbligatorie generali che devono essere fornite dal prestatore di un servizio ai destinatari del servizio stesso ed alle competenti autorità da designare ai sensi della normativa vigente nonché le modalità per renderle accessibili, in modo facile, diretto e permanente; in particolare, devono essere indicati in modo chiaro e inequivocabile i prezzi dei servizi, anche riguardo alle imposte e ai costi di consegna e deve essere reso esplicito che l'obbligo di registrazione della testata editoriale telematica si applica esclusivamente alle attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001, n. 62, o che comunque ne facciano specifica richiesta; b) definire gli obblighi di informazione sia per la comunicazione commerciale che per la comunicazione non sollecitata; quanto a quest'ultima, ai sensi della normativa sul trattamento dei dati personali, devono essere incoraggiati ed agevolati sistemi di filtraggio da parte delle imprese. In ogni caso, l'invio di comunicazioni non sollecitate per posta elettronica non deve dare luogo a costi supplementari di comunicazione per il destinatario; c) definire l'impiego di comunicazioni commerciali fornite da soggetti che esercitano una professione regolamentata, nel rispetto delle relative norme applicabili, nonché forme e procedure di consultazione e cooperazione con gli ordini professionali, nel rispetto della loro autonomia, per la predisposizione delle pertinenti norme e per incoraggiare l'elaborazione di codici di condotta a livello comunitario che precisino le informazioni che possono essere fornite a fini di comunicazioni commerciali; d) disciplinare la responsabilità dei prestatori intermediari con riferimento all'attività di semplice trasporto; in particolare, il prestatore non sarà considerato responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: 1) non sia esso stesso a dare origine alla trasmissione; 2) non selezioni il destinatario della trasmissione; 3) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse; e) disciplinare la responsabilità dei prestatori con riferimento alla memorizzazione temporanea detta "caching"; il prestatore non sarà considerato responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni, effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che egli: 1) non modifichi le informazioni; 2) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; 3) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni; 4) indichi tali informazioni in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; 5) non interferisca con l'uso lecito delle tecnologie ampiamente riconosciute ed utilizzate nel settore per ottenere dati sull'impiego delle stesse informazioni; 6) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato o per disabilitarne l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell'accesso; f) disciplinare la responsabilità dei prestatori con riferimento all'attività cosiddetta di "hosting"; il prestatore non sarà considerato responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che egli: 1) non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività o l'informazione è illecita; 2) per quanto attiene alle azioni risarcitorie, non sia al corrente dei fatti o di circostanze che rendano manifesta l'illegalità dell'attività o dell'informazione; 3) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso; g) disciplinare le modalità con le quali i prestatori di servizi delle società dell'informazione sono tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi, con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati; h) favorire l'elaborazione, da parte di associazioni o di organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori, di codici di condotta per evitare violazioni dei diritti, garantire la protezione dei minori e salvaguardare la dignità umana; i) prevedere misure sanzionatorie effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti delle violazioni; l) prevedere che il prestatore di servizi è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha usato la dovuta diligenza; m) prevedere che, in caso di dissenso fra prestatore e destinatario del servizio della società dell'informazione, la composizione extragiudiziale delle controversie possa adeguatamente avvenire anche per via elettronica". 4 Si riporta il testo del comunicato stampa del Ministero delle Attività Produttive del 5 agosto 2002:
"Il ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano, annuncia che dopo 'e-shop' è stata varata una nuova iniziativa nel settore del commercio elettronico: il completamento della procedura di recepimento della Direttiva 2000/31/CE.
Si tratta della prima disciplina organica in materia, che equilibra le esigenze di garanzia per il destinatario del servizio con la flessibilità per il prestatore del servizio.
Auspicio del ministro Marzano è che con questo provvedimento si possa dare impulso alla promozione dei servizi della società dell'informazione, grazie a regole trasparenti, minori costi di produzione, maggiore facilità di accesso a prodotti o servizi di qualità garantita.
La flessibilità del provvedimento è il primo dei requisiti di una disposizione che deve armonizzare la disciplina del settore in ambito comunitario. Per questo il settore regolamentato è legato ad una serie di indicazioni minime per il prestatore, ma inderogabili per la tutela del destinatario. La trasparenza è garantita con l'esatta identificazione del luogo di stabilimento del prestatore del servizio, nonché con il volume delle informazioni che il prestatore deve fornire al destinatario, che in caso di controversia consentono facilmente di identificarlo.
Anche le comunicazioni commerciali dovranno essere chiaramente identificabili, così come il soggetto per cui conto sono effettuate; le comunicazioni commerciali non sollecitate, nel caso di invio per e-mail, dovranno essere codificate già nell'oggetto della posta elettronica.
Le garanzie per il destinatario del servizio provengono dagli obblighi per il prestatore di comunicare preventivamente i termini dell'acquisto, i mezzi di pagamento, il diritto di recesso e le fasi tecniche per la conclusione del contratto.
Il 68% dei navigatori lamenta possibili truffe in rete, per questo il provvedimento, oltre a consentire facilmente l'identificazione del venditore, permette la composizione extragiudiziale delle controversie anche per via telematica. Gli organi di composizione potranno essere inseriti nella Rete europea di composizione extragiudiziale delle controversie.
Per la tutela della privacy, verrà istituito presso l'Autorità garante per la protezione dei dati personali un registro in cui si iscriveranno tutti coloro che non vogliono essere disturbati da pubblicità non richiesta. Infine, si lascia ampia libertà alle associazioni di redigere codici di condotta anche se se ne stimola la promozione; una volta realizzati, i codici di condotta dovranno essere accessibili per via telematica e dovranno rappresentare la prima comunicazione rinvenibile sul sito del prestatore che vi aderisce.
Con questo provvedimento si intende offrire alle imprese, soprattutto quelle piccole e medie, l'opportunità di avere una vetrina virtuale che dia accesso a nuovi mercati di sbocco e quindi incentivi l'occupazione e la crescita del Paese".
Per aggiornamenti si rimanda all'Osservatorio di Iusreporter dedicato al commercio elettronico, raggiungibile all'indirizzo www.iusreporter.it/Testi/agg-commel.htm. 5- L'art. 2, lett. a), della direttiva 2000/31/CE definisce i servizi della società dell'informazione rinviando all'art. 1 della direttiva 98/34/CE (che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, GUCE L 204 del 21 luglio 1998), così come modificata dalla direttiva 98/48/CE. 6- Tali attività possono consistere, in particolare, nella vendita on-line di merci. Non sono d'altra parte incluse nella definizione attività come la consegna delle merci in quanto tale o la prestazione di servizi non in linea. Non sempre si tratta di servizi che portano a stipulare contratti on-line, ma anche di servizi non remunerati dal loro destinatario, nella misura in cui costituiscono un'attività economica, come l'offerta di informazioni o comunicazioni commerciali in linea o la fornitura di strumenti per la ricerca, l'accesso e il reperimento di dati. I servizi della società dell'informazione comprendono anche la trasmissione di informazioni mediante una rete di comunicazione, la fornitura di accesso a una rete di comunicazione o lo stoccaggio di informazioni fornite da un destinatario di servizi. Sono servizi della società dell'informazione anche quelli trasmessi "da punto a punto", quali i servizi video a richiesta o l'invio di comunicazioni commerciali per posta elettronica (considerando 18). 7- Con riguardo al campo di applicazione della direttiva in parola, deve rilevarsi innanzitutto che è fatto espressamente salvo il livello di tutela della sanità pubblica e dei consumatori garantito dagli strumenti comunitari e dalla legislazione nazionale di attuazione, nella misura in cui esso non limita la libertà di fornire servizi della società dell'informazione (art. 1, par. 3; si veda anche il considerando 11). Si precisa altresì che il provvedimento non introduce norme supplementari di diritto internazionale privato, né tratta delle competenze degli organi giurisdizionali (art. 1, par. 4). La direttiva non deve inoltre applicarsi ai servizi di prestatori stabiliti in un paese terzo (considerando 58). Espressamente esclusi dal campo di applicazione della direttiva sono (art. 1, par. 5): a) il settore tributario; b) le questioni relative ai servizi della società dell'informazione oggetto delle direttive 95/46/CE e 97/66/CE; c) le questioni relative a accordi o pratiche disciplinati dal diritto delle intese; d) le seguenti attività dei servizi della società dell'informazione: - le attività dei notai o di altre professioni equivalenti, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l'esercizio dei pubblici poteri; - la rappresentanza e la difesa processuali; - i giochi d'azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse. Esclusa è anche la materia fiscale, in particolare l'IVA, che colpisce numerosi servizi contemplati dalla direttiva sul commercio elettronico (considerando 12 e 13). Con riguardo all'IVA, si veda la direttiva 2002/38/CE del 7 maggio 2002, che modifica temporaneamente la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici, GUCE L 128 del 15 maggio 2002. La protezione dei singoli relativamente al trattamento dei dati personali, come sopra visto, rimane dunque disciplinata unicamente dalle direttive 95/46/CE del 24 ottobre 1995 (attuata in Italia con la L. 675/1996) e 97/66/CE del 15 dicembre 1997, le quali sono integralmente applicabili ai servizi della società dell'informazione (considerando 14). L'applicazione della direttiva sul commercio elettronico deve pertanto essere pienamente conforme ai principi relativi alla protezione dei dati personali, in particolare per quanto riguarda le comunicazioni commerciali non richieste e il regime di responsabilità per gli intermediari. La direttiva non può inoltre impedire l'utilizzazione anonima di reti aperte quali Internet. Deve segnalarsi in proposito, sin d'ora, che la direttiva 97/66/CE - attuata in Italia con il D.L.vo 171/1998 (Disposizioni in materia di tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, in attuazione della direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, ed in tema di attività giornalistica, GU Serie gen. 127 del 3 giugno 1998) - è stata abrogata e sostituita dalla recente direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GUCE L 201 del 31 luglio 2002). Sul punto, si veda G. Briganti, Comunicazioni elettroniche. Sicurezza, riservatezza, spamming, in Iusreporter, www.iusreporter.it, www.iusreporter.it/Testi/comunicazionielettroniche.pdf. 8- GUCE L 144 del 4 giugno 1997. 9- D.L.vo 22 maggio 1999, n. 185, Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, GU Serie gen. 143 del 21 giugno 1999. Ai fini del D.L.vo 185/1999, per contratto a distanza si intende "il contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso" (art. 1, comma 1, lett. a)). Il medesimo provvedimento definisce consumatore "la persona fisica che, in relazione ai contratti di cui alla lettera a) [contratti a distanza], agisce per scopi non riferibili all'attività professionale eventualmente svolta" (art. 1, comma 1, lett. b)) e fornitore "la persona fisica o giuridica che nei contratti a distanza agisce nel quadro della sua attività professionale" (art. 1, comma 1, lett. c)). 10- Artt. 1469bis e segg. c.c., introdotti in attuazione della direttiva 93/13/CEE (GUCE L 95 del 21 aprile 1993). 11- Norme relative alla disciplina dei contratti conclusi per via elettronica sono dettate nella Sezione 3 del Capo II della direttiva sul commercio elettronico (artt. 9-11). Si veda in proposito G. Briganti, La direttiva sul commercio elettronico cit., par. 5. Per un'elencazione degli altri strumenti comunitari che la direttiva 2000/31/CE lascia impregiudicati, in particolare, in materia di sanità pubblica e protezione dei consumatori, si veda il considerando 11. 12- Sulle professioni regolamentate si veda infra, par. 5. 13- Sull'argomento, si veda G. Briganti, Spamming e diritto, in Iusreporter, www.iusreporter.it, www.iusreporter.it/Testi/doc-spamming.htm. 14- Solo in sede di recepimento della direttiva 2002/58/CE, prosegue il Garante, potranno prevedersi disposizioni più articolate, mentre lo schema attuale di decreto legislativo sul commercio elettronico potrebbe, al massimo, rinviare alle disposizioni nazionali sulla privacy. "Il sistema ipotizzato nei primi lavori preparatori sul commercio elettronico imporrebbe, quindi, un inutile obbligo di consultare il registro da parte di chiunque desidera inviare e-mail commerciali ovvero di milioni di persone, non potendo incidere sulle norme vigenti che impongono alle società di raccogliere il preventivo consenso informato dei destinatario. Oltre a queste contraddizioni, il Garante evidenzia anche insuperabili difficoltà di realizzazione del meccanismo proposto. Difficoltà di aggiornamento, praticamente quotidiano, e di consultazione imporrebbero ingenti oneri finanziari, sia sotto il profilo delle spese da sostenere per la gestione del sistema, sia per le risorse umane da dedicare al suo funzionamento, tali da renderlo da subito del tutto ingestibile". Garante per la protezione dei dati personali, Newsletter 28 ottobre - 3 novembre 2002, www.garanteprivacy.it. 15- V. nota n. 7. La direttiva 2002/58/CE "armonizza le disposizioni degli Stati membri necessarie per assicurare un livello equivalente di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche e per assicurare la libera circolazione di tali dati e delle apparecchiature e dei servizi di comunicazione elettronica all'interno della Comunità" (art. 1, par. 1). A questi fini, le disposizioni della direttiva precisano ed integrano la direttiva 95/46/CE, attuata in Italia con la L. 675/1996. Sull'argomento, si rimanda a G. Briganti, Le comunicazioni elettroniche indesiderate, in Iusreporter, www.iusreporter.it, www.iusreporter.it/Testi/spamming2.htm. 16- V. nota n. 9. 17- Per un approfondimento sui rapporti intercorrenti tra le disposizioni citate nel testo si veda G. Briganti, Spamming e diritto cit. |