5. Le comunicazioni commerciali nell'ambito delle professioni regolamentate
Per sopprimere gli ostacoli allo sviluppo dei servizi transnazionali nella Comunità che possono essere offerti dalle professioni regolamentate su Internet, è necessario garantire il rispetto a livello comunitario delle regole professionali, in particolare quelle a tutela dei consumatori o della sanità pubblica (considerando 32).
L'art. 2, lett. g), della direttiva sul commercio elettronico definisce professione regolamentata la professione ai sensi dell'articolo 1, lettera d), della direttiva 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni (18), o dell'articolo 1, lettera f), della direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale, che integra la direttiva 89/48/CEE (19).
Si ricorda che sono espressamente escluse dal campo di applicazione della direttiva le attività dei notai o di altre professioni equivalenti, nella misura in cui implicano un nesso diretto e specifico con l'esercizio dei pubblici poteri, nonché la rappresentanza e la difesa processuali (art. 1, par. 5, lett. d)).
Nella definizione di "comunicazioni commerciali" accolta dal provvedimento in esame, come sopra visto, sono incluse d'altra parte tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l'immagine di un'impresa, di un'organizzazione o di una persona che esercita un'attività commerciale, industriale, artigianale o una libera professione.
L'art. 8 della direttiva impone dunque agli Stati membri di provvedere affinché le comunicazioni commerciali costituenti un servizio della società dell'informazione - o che di esso siano parte - fornite da chi esercita una professione regolamentata siano autorizzate nel rispetto delle regole professionali relative, in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi (art. 8, par. 1).
Fatta salva l'autonomia delle associazioni e organizzazioni professionali, è attribuito inoltre agli Stati membri e alla Commissione il compito di incoraggiare detti enti all'elaborazione di codici di condotta a livello comunitario, i quali precisino le informazioni che possono essere fornite a fini di comunicazione commerciale, nel rispetto di quanto appena illustrato (art. 8, par. 2).
I codici di condotta a livello comunitario sono definiti dalla direttiva "lo strumento privilegiato per enunciare le regole deontologiche sulla comunicazione commerciale" (considerando n. 32) (20).
Nell'elaborare proposte di iniziative comunitarie eventualmente necessarie per il buon funzionamento del mercato interno relativamente alle informazioni di cui sopra, la Commissione deve tenere in debito conto i codici di condotta applicabili a livello comunitario, e agire in stretta cooperazione con le pertinenti associazioni e organizzazioni professionali (art. 8, par. 3).
La direttiva in esame va ad integrare pertanto le direttive comunitarie concernenti l'accesso alle attività delle professioni regolamentate e il loro esercizio (art. 8, par. 4).
Si ricorda altresì che l'art. 5, lett. f), della direttiva prevede che, nell'ambito delle professioni regolamentate, il prestatore di un servizio della società dell'informazione renda facilmente accessibili in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle competenti autorità, in particolare, le seguenti informazioni:
- l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il fornitore sia iscritto;
- il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato;
- un riferimento alle norme professionali vigenti nello Stato membro di stabilimento nonché le modalità di accesso alle medesime.
In relazione alle comunicazioni commerciali non sollecitate regolate dall'art. 7, si osserva poi che la direttiva sul commercio elettronico, come già sappiamo, fa salva la disciplina contenuta nella direttiva 97/7/CE, attuata in Italia con il D.L.vo 185/1999 e relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza.
Ai sensi dell'art. 1 del suddetto decreto, fornitore è la persona fisica e giuridica che nei contratti a distanza agisce nel quadro della sua attività professionale.
Come si vede, anche l'attività svolta on-line dal libero professionista nei confronti dei consumatori rientra quindi nell'ambito di applicazione del provvedimento (21).
L'art. 31, comma 1, lett. c), della legge comunitaria 2001, nel delegare il Governo all'attuazione della direttiva 2000/31/CE, prevede che l'emanando decreto legislativo definisca "l'impiego di comunicazioni commerciali fornite da soggetti che esercitano una professione regolamentata, nel rispetto delle relative norme applicabili, nonché forme e procedure di consultazione e cooperazione con gli ordini professionali, nel rispetto della loro autonomia, per la predisposizione delle pertinenti norme e per incoraggiare l'elaborazione di codici di condotta a livello comunitario che precisino le informazioni che possono essere fornite a fini di comunicazioni commerciali".
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